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La voce delle Chiese del sisma

Intervento di S.E Mons Stefano Russo alla VIIIa Commissione Ambiente Territorio e Lavori Pubblici alla Camera dei Deputati.

Mons. Stefano Russo Vescovo di Fabriano-Matelica e Presidente del Comitato per la valutazione dei progetti di intervento a favore dei beni culturali ecclesiastici e dell’edilizia di culto – nell’audizione di mercoledì 12 giugno dinanzi all’Ufficio di Presidenza della Commissione speciale per l’esame degli atti urgenti presentati dal Governo al Senato, accompagnato da Mons. Giuseppe Baturi, Sottosegretario CEI, e dal Prof. Francesco Saverio Marini, ha ricordato come nel sisma che ha colpito l’Italia Centrale siano andate distrutte – o comunque risultino inagibili – più di 3mila chiese: un numero talmente alto da far alzare le mani al Ministero, già investito di una mole significativa di compiti e attribuzioni in materia di ricostruzione pubblica.

Proprio per questo, già nel 2017 il Legislatore aveva riconosciuto l’opportunità nell’ambito della ricostruzione delle chiese di un intervento diretto delle Diocesi, qualificate con apposito decreto legge quali “soggetti attuatori”. Come, però, ha spiegato il Vescovo nel corso dell’audizione, questo riconoscimento ha di fatto assoggettato le stesse Diocesi a una disciplina della ricostruzione pubblica estremamente complessa sul piano organizzativo prima ancora che economico.

Dovrebbero, infatti, dotarsi di strutture necessarie per le procedure di gara, per la progettazione, per l’affidamento dell’esecuzione dei lavori… e, in definitiva, farsi carico di una serie di oneri gestionali di fatto del tutto estranei alla struttura e alla natura delle Diocesi stesse. Di qui la proposta rappresentata dalla delegazione della CEI: partendo dal riconoscimento che le Diocesi sono enti ecclesiastici civilmente riconosciuti – ossia enti non pubblici, ma privati con profili di specificità – arrivare a mutare la normativa vigente, sottoponendo al regime della ricostruzione privata gli interventi, almeno fino alla soglia dei 500mila euro, che abbiano per oggetto le chiese e gli edifici di culto.

In tal modo, le doverose esigenze di trasparenza, regolarità e sicurezza nelle procedure di ricostruzione potrebbero coniugarsi con la celerità degli interventi, a tutto vantaggio delle popolazioni coinvolte e del loro diritto a poter esercitare la libertà religiosa e di culto.

L’intervento di S.E. Mons Stefano Russo

Mons Giuseppe Baturi e Mons Stefano Russo alla Camera dei Deputati durante l’audizione relativa al disegno di legge C. 804 Governo, approvato dal Senato, recante “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 maggio 2018, n. 55, recante ulteriori misure urgenti a favore delle popolazioni dei ter- ritori delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche ed Umbria, interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016.

Ringrazio innanzi tutto, da parte dei Vescovi delle Regioni interessate dagli eventi sismici, della possibilità che mi è stata concessa, anche in questa sede, di relazionare la situazione attuale inerente la ricostruzione delle Chiese e degli altri edifici di culto, dopo la proficua audizione tenuta in Senato, che ha portato all’approvazione in Assemblea dell’emendamento 1.0.20.

L’emendamento approvato, rispetto al quale non possiamo che esprimere la nostra più profonda soddisfazione, ha recepito con sensibilità le problematiche inerenti la ricostruzione delle Chiese e degli altri edifici di culto, con un approccio attento alle popolazioni coinvolte da questi tragici eventi calamitosi, per le quali è importante riscontrare il recupero, anche progressivo, di alcuni elementi, simbolici e non solo, di socialità e di vita civile, che diano una speranza di progressivo rientro in una situazione di ordinarietà.
La Chiesa e tutto ciò che essa rappresenta costituisce proprio uno di questi elementi.

In particolare, l’emendamento in esame ha apportato modifiche al decreto legge n. 189 del 2016, attraendo al regime della ricostruzione privata gli interventi di importo non superiore a € 500.000 inerenti le Chiese e gli altri edifici di culto colpiti dal sisma, di competenza delle Diocesi, secondo modalità da definire con ordinanza commissariale. Per gli interventi di importo superiore a € 500.000, ma comunque inferiore alle soglie di rilevanza europea, si è prevista l’istituzione di un tavolo tecnico presso la struttura commissariale, per definire procedure adeguate di realizzazione.

Mi permetto, a questo punto, di illustrare brevemente la situazione di fatto e di diritto che fa da sfondo all’emendamento approvato.

In primo luogo, particolare attenzione merita il profilo inerente la straordinaria proporzione degli eventi sismici e la vastità dei territori interessati dagli stessi, che suggerisce l’utilizzo di mezzi diversi e ulteriori non solo rispetto a quelli predisposti per fronteggiare gli eventi calamitosi degli ultimi decenni (si pensi all’Emilia Romagna o a L’Aquila), ma anche rispetto a quelli che il legislatore aveva originariamente approntato con il decreto legge n. 189 del 2016, adottato a seguito dei primi eventi calamitosi e quindi prima che il terremoto si manifestasse in tutta la sua portata distruttiva.

Pensate soltanto, per rimanere al nostro tema, che circa 3.000 Chiese risultano lesionate, inagibili e in molti casi distrutte, un numero enormemente superiore rispetto a quello conseguente agli eventi calamitosi degli anni passati, che può circoscriversi nell’ordine di qualche centinaia.

Si consideri, inoltre, la peculiare condizione della diocesi dell’Aquila, nella quale il sisma del 2016 ha colpito in molti casi edifici già danneggiati nel 2009 e nei quali si stava operando sulla base di una diversa normativa.

Veniamo, così, al secondo punto, e cioè al sistema finora apprestato a livello legislativo e amministrativo per far fronte alla ricostruzione degli edifici di culto.
Il decreto legge n. 189 del 2016 ha sin da subito attratto la ricostruzione delle Chiese e degli edifici di culto appartenenti alle Diocesi, di interesse storico-artistico ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio, al regime della ricostruzione pubblica, demandandone l’attuazione al MIBACT, e prevedendo un coinvolgimento attivo delle Diocesi per i soli interventi urgenti di messa in sicurezza.

In un secondo momento, resosi conto delle proporzioni enormi degli interventi, e dell’impossibilità di garantire una pronta ricostruzione attraverso il Ministero – già investito di una mole significativa di compiti e attribuzioni in materia di ricostruzione pubblica – il legislatore ha ravvisato l’opportunità di un intervento diretto delle Diocesi nell’ambito della ricostruzione delle Chiese.

Con il decreto legge n. 148 del 2017, convertito con modificazioni dalla legge n. 172 del 2017, le Diocesi sono state quindi qualificate come“Soggetti Attuatori” degli interventi di ricostruzione delle chiese ed edifici di culto di proprietà di enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, di interesse storico-artistico ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio (anche se formalmente non dichiarati tali), relativamente agli interventi di importo inferiore alla soglia di rilevanza europea individuata dal nuovo Codice dei Contratti Pubblici (d.lgs. n. 50 del 2016).

Le Diocesi, in qualità di soggetti attuatori, risultano allo stato integralmente assoggettate alla disciplina della ricostruzione pubblica, e tenute – secondo l’interpretazione sinora fatta propria dal Commissario Straordinario per il Sisma – all’applicazione integrale del d.lgs. n. 50 del 2016.

A questo punto veniamo al terzo ordine di considerazioni, che riguarda la condizione delle Diocesi.

Queste ultime sono, in base alla vigente legislazione pattizia, enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, cioè enti non pubblici ma privati con profili di specialità, e non sembrano quindi rientrare, a rigore, tra i soggetti tenuti all’osservanza delle procedure a evidenza pubblica.

Da parte sua lo stesso ANAC ha recentemente ritenuto, proprio in materia di ricostruzione postsismica (delibera n. 116 del 3 febbraio 2016), che le Diocesi sono enti di diritto privato, civilmente riconosciuti; come tali esse non sembrano quindi sussumibili nelle definizioni di cui all’art. 3, del d.lgs. n. 50 del 2016, quanto ai soggetti tenuti all’osservanza delle relative disposizioni.

In senso contrario non sembra infatti rilevante né il fatto che la ricostruzione delle Chiese è sovvenzionata con contributi pubblici, né il fatto che si tratti di edifici a uso pubblico.

Sotto il primo profilo, anche la ricostruzione privata è operata con risorse pubbliche, e il legislatore appresta, anche per questa tipologia di ricostruzione, adeguati mezzi di controllo e di trasparenza.

Per esempio, tutti gli operatori economici interessati a partecipare, a qualunque titolo e per qualsiasi attività, agli interventi di ricostruzione privata, devono essere iscritti all’Anagrafe Antimafia; il progettista deve essere selezionato all’interno dell’elenco speciale appositamente istituito dal decreto-legge 189; la selezione dell’impresa esecutrice da parte del beneficiario dei contributi deve essere compiuta mediante procedura concorrenziale tra almeno tre imprese iscritte nell’Anagrafe antimafia, intesa all’affidamento dei lavori alla migliore offerta, a seguito dell’approvazione definitiva del progetto da parte degli Uffici speciali per la ricostruzione; viene postulata, anche per la ricostruzione privata, la necessità di assicurare il controllo, l’economicità e la trasparenza nell’utilizzo delle risorse pubbliche, secondo modalità attuative demandate al Commissario di governo.

Sotto il profilo dell’uso pubblico delle Chiese per esigenze di culto, si rappresenta che, comunque, il decreto-legge n. 189 del 2016 fa rientrare nel regime della ricostruzione privata anche contributi per danni alle strutture private adibite ad attività religiose, nonché per danni agli edifici privati di interesse storico-artistico, prevedendo, in questo caso, che l’intervento di miglioramento sismico debba conseguire il massimo livello di sicurezza compatibile con le concomitanti esigenze di tutela e conservazione dell’identità culturale del bene stesso.

A questo punto, va evidenziato, con rammarico, che fino a ora gli strumenti apprestati dal legislatore hanno fallito l’obiettivo di garantire una pronta ricostruzione: a quasi due anni dal terremoto, gli interventi di messa in sicurezza non risultano ancora integralmente attuati, mentre quelli di ricostruzione non risultano nemmeno iniziati, e le Diocesi riscontrano problemi quotidiani nell’interfacciarsi con gli Uffici Speciali per la ricostruzione.

È in questo contesto complessivo che è sorta l’esigenza, per le Diocesi, di suggerire un mutamento della normativa vigente, partendo dal presupposto che è piena intenzione delle stesse di concorrere con ogni sforzo alla ricostruzione delle Chiese, per il bene delle comunità coinvolte.

Tale esigenza è stata pienamente avvertita dalla Commissione speciale prima, e in seguito dall’Assemblea, che ha approvato l’emendamento in discussione.

Come accennato, la modifica sottopone al regime della ricostruzione privata gli interventi che abbiano per oggetto le Chiese e gli edifici di culto nelle ipotesi in cui l’importo del singolo intervento non superi una determinata soglia, stimata in euro cinquecentomila.

L’intervento è senz’altro positivo, perché consentirà un’effettiva e rapida ricostruzione in questo complessivo contesto emergenziale, tenendo appunto conto dell’eccezionale proporzione dell’evento sismico, e quindi del numero delle Chiese e degli edifici di culto interessati.

Del resto, non può sottacersi l’estrema difficoltà, per le Diocesi, sul piano organizzativo prima ancora che economico, di dotarsi delle strutture necessarie per l’esperimento di procedure di gara, tanto per la progettazione (che invece, per tutti gli altri soggetti attuatori, è svolta, di regola, all’interno delle singole Amministrazioni), quanto per l’affidamento dell’esecuzione dei lavori, e di farsi carico di tutti gli oneri, non meramente economici, che conseguono alla soluzione prevista dalla legislazione vigente, la quale richiede, infatti, un contesto organizzativo e gestionale che è del tutto estraneo alla struttura e alla natura delle Diocesi.

L’emendamento di cui si discute, quindi, conseguirebbe l’obiettivo di favorire una ricostruzione più rapida in relazione a interventi sotto una soglia predeterminata e non irragionevole, che consentirebbe alle Diocesi di occuparsi di un cospicuo numero di ricostruzioni, considerato una gran parte degli interventi relativi alle Chiese e agli edifici di culto è di importo non superiore a € 500.000.

Altrettanto pregevole è la previsione, recata dall’emendamento in discussione, di istituire un tavolo tecnico di lavoro presso la struttura commissariale, per definire le procedure di ricostruzione inerenti gli interventi di competenza delle Diocesi di importo compreso tra gli € 500.000 e la soglia di rilevanza europea, tenendo conto della natura giuridica delle Diocesi stesse.

In quella sede, infatti, si potranno definire modalità di attuazione parzialmente diverse da quelle previste in generale per la ricostruzione pubblica, tenendo conto delle cennate difficoltà applicative e organizzative, nonché della natura e del ruolo delle Diocesi.

La soluzione proposta dall’emendamento è accolta positivamente anche in quanto concorre a perseguire il fine – non privo di significatività – di dare un segnale positivo alle popolazioni dei territori coinvolti, consentendone un progressivo riavvicinamento.

In conclusione, non può che auspicarsi una conferma dell’emendamento proposto da parte di questa Illustre Camera.
Sia consentito, a questo proposito, evidenziare come la modifica di cui si discute, di cui non posso che ribadire – a nome di tutti i Vescovi che rappresento – la più viva soddisfazione, potrebbe essere ancora perfettibile.

In particolare, sarebbe opportuno aggiungere che gli interventi di ricostruzione di importo non superiore a € 500.000 seguano il regime della ricostruzione privata “ai fini della predisposizione dei progetti e della selezione dell’impresa esecutrice”, in luogo dell’inciso “ai fini della selezione dell’impresa esecutrice” contenuto nell’emendamento approvato al Senato.

Pur essendo a nostro avviso pacifico che la proposta di modifica in esame non possa che riferirsi tanto alla fase di progettazione, quanto a quella di esecuzione – non potendo essere scisse le due procedure, attraendole a regimi diversi, così vanificando lo scopo della riforma – si ritiene che il riferimento espresso anche alla predisposizione della documentazione progettuale renderebbe più agevole e chiaro il dato normativo, evitando possibili criticità interpretative in fase applicativa.

Rimettiamo, infine, alla Vostra sensibilità la possibilità di attrarre integralmente gli interventi di ricostruzione delle Chiese al regime della ricostruzione privata, dal momento che questa soluzione, a fronte di quanto abbiamo visto, sembra comunque percorribile, ed è del resto quella attualmente già prevista per le c.d. Chiese moderne.

A questo punto è doveroso evidenziare che, a legislazione vigente, gli interventi di ricostruzione in esame non potrebbero essere gestiti dalle Diocesi, e queste ultime si vedrebbero costrette a rinunciare alla possibilità, attualmente offerta in sede legislativa, di divenire soggetti attuatori; per l’effetto, ne risulterebbe oltremodo appesantito anche il ruolo del MIBACT – su cui grava il compito della ricostruzione in alternativa alle Diocesi – e dilatati fortemente i tempi per la ricostruzione, rendendola fattibile forse in un ventennio, se non vanificandola del tutto.

Si confida quindi per l’accoglimento dell’emendamento passato al Senato, eventualmente modificato secondo quanto appena riferito, in modo che possano trovare adeguato bilanciamento gli interessi alla trasparenza, regolarità e sicurezza nelle procedure di ricostruzione, con quello alla celerità degli interventi, nel rispetto della natura soggettiva e delle competenze delle Diocesi a tutto vantaggio delle popolazioni coinvolte e del loro diritto a poter esercitare la libertà religiosa e di culto.

Ringrazio sentitamente tutti Voi Onorevoli per l’attenzione e per la sensibilità dimostrata per questo tema.

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