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La Magna Carta testimone dell’ “ars diplomatica”

Arch. Daniele De Luca

La prima sezione della Mostra si presenta come fulcro delle varie sezioni espositive distribuite tra la ex-chiesa di San Marco, i Musei cittadini e l’Archivio di Stato nell’ambito delle celebrazioni degli ottocento anni dell’abbazia di Sant’Andrea di Vercelli.
Apre la serie l’esemplare originale della Magna Charta nella versione del 1217, di due anni successiva alla prima redazione siglata tra il re Giovanni Senzaterra e i nobili d’Inghilterra.
La redazione della Magna Charta del 1217 rappresenta la testimonianza più concreta dell’operato come legato pontificio in Inghilterra del cardinale Guala, che per un certo periodo esercitò di fatto, insieme a Guglielmo il Maresciallo conte di Pembroke, le funzioni di reggente della Corona a causa della giovane età del nuovo re Enrico III.

Nella Mostra la figura di Guala viene poi illuminata da pochi oggetti e documenti, ma assai rappresentativi, a rievocarne in diverso modo l’operato e la fama. Una parte dell’esposizione è dedicata all’immagine di Guala a partire da uno dei sigilli ancora oggi conservati – tutti in Inghilterra – che mostrano l’immagine ufficiale che egli volle fosse rappresentata negli atti ufficiali della sua azione diplomatica. Seguono le raffigurazioni di Guala che nella sua città ne commemorano la figura e l’opera nella fondazione da lui voluta dell’abbazia e dell’Ospedale di Sant’Andrea: due lunette dei portali del “Salone Dugentesco” e della basilica, la prima dipinta e la seconda scolpita. Bisogna arrivare ad un’epoca più recente per ritrovare immagini di Guala, ormai attualizzate secondo l’iconografia cardinalizia di età moderna.

Sono presenti in mostra la grande tela, restaurata per l’occasione, opera di Giovanni Battista Ferraris (fine ‘600) detto il Vicolongo e il più piccolo ritratto su tela firmato intorno al 1847 da Pietro Narducci, entrambe di proprietà dell’Ospedale di Sant’Andrea di Vercelli. Nell’esposizione la figura di Guala Bicchieri è illustrata anche nel limitato, ma altamente significativo numero di manufatti a lui appartenuti, che ne rivelano i gusti di raffinato conoscitore e collezionista. Domina la serie il cofano da viaggio preziosamente ornato da elementi e tondi in rame e smalti di Limoges, rinvenuto durante i restauri della basilica di Sant’Andrea condotti da Carlo Emanuele Arborio Mella nella prima metà del XIX secolo. Al momento della riscoperta, in un vano murato a nord del presbiterio della basilica, il cofano conteneva delle ossa che sono state ritenute appartenenti al cardinale Guala. Esse probabilmente erano state lì depositate dopo il loro rinvenimento nel 1611 insieme ad un cartiglio pergamenaceo, a firma dall’abate Pietro Francesco Malletto, anch’esso esposto.

Accompagnano il cofano da viaggio nove tondi pure in smalto di Limoges che devono provenire sempre da ricchi corredi del cardinale, da lui donati all’abbazia di Sant’Andrea con il testamento del 1227.

Una comune provenienza dal Sant’Andrea di Vercelli, riguarda il raro e prezioso coltello eucaristico di Guala Bicchieri, esposto all’inizio del percorso espositivo.

Una serie di documenti accompagna gli oggetti e serve a richiamare sinteticamente da un lato momenti e fatti da connettere anch’essi al lascito di Guala, dall’altro a descrivere il clima culturale di respiro internazionale vissuto dalla città di Vercelli nel primo quarto del Duecento.

Legato alle vicende della fondazione del Sant’Andrea è l’importante documento, conservato in originale, del 21 febbraio 2019 che riporta la richiesta rivolta dal Cardinale al Comune di Vercelli per la modifica del percorso di un corso d’acqua diretto alla città.

Un altro importante frammento documentario presente in originale, proveniente dalla Biblioteca diocesana Agnesiana, riguarda la notifica in estratto, effettuata dal vescovo Pelagio, il 30 luglio 1227, a due mesi esatti dalla morte di Guala Bicchieri, circa le volontà testamentarie che egli aveva fatto redigere il 29 maggio, il giorno prima del decesso, nelle quali dichiarava la chiesa di Sant’Andrea di Vercelli erede universale dei suoi beni, e tra questi preziose suppellettili, paramenti liturgici, gioielli, codici. Il documento si collega direttamente alla copia del testamento di Guala conservata nell’Archivio di Stato di Vercelli. Due codici del XIII secolo forniscono in sintesi un’idea dell’ambiente culturale della Vercelli di quegli anni: le Concordanze Bibliche attribuite al primo abate di Sant’Andrea, Tommaso Gallo.

L’abate Gallo si dedica ai compiti amministrativi dell’abbazia ed alla composizione di commentari ai libri della Bibbia ed agli scritti dello Pseudo-Dionigi l’Areopagita. Tommaso è docente di Antonio da Padova, e in stretta relazione con il nascente ordine francescano, il quale trasferisce lo Studium Generale da Padova a Vercelli nel 1228, costituendo il primo nucleo di quella che sarà l’università cittadina.

Il secondo codice, una raccolta di documenti importanti del comune di Vercelli, contiene la “Carta dello studio e degli scolari iscritti nello studio di Vercelli”, del 1228, nella quale si pongono le basi per l’istituzione di uno Studium cioè di una Università – una delle più antiche d’Europa – prevedendo il trasferimento a Vercelli dello Studio di Padova per un periodo di otto anni. L’attività dell’Università a Vercelli proseguirà per buona parte del Duecento, ma verrà interrotta dalle dispute tra fazioni cittadine.

Arch. Daniele De Luca
Direttore dell’Ufficio Beni Culturali,
Arcidiocesi di Vercelli

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