Alcuni contenuti o funzionalità qui potrebbero non essere disponibili a causa delle tue preferenze sui cookie!

Ciò accade perché la funzionalità/contenuto contrassegnato come “Facebook Pixel [noscript]” utilizza cookie che hai scelto di disabilitare. Per visualizzare questo contenuto o utilizzare questa funzionalità, ti preghiamo di abilitare i cookie: clicca qui per aprire le tue preferenze sui cookie.

COINVOLGERE LA COMUNITA’

Architetto Caterina Parrello Direttore Editoriale CHIESA OGGI

La banca dati dei “Beni culturali ecclesiastici in web” – beweb.chiesacattolica.it, attraverso il censimento sistematico del patrimonio storico e artistico, architettonico, archivistico e librario portato avanti dalle diocesi italiane sui beni di loro proprietà, ha catalogato più di 65mila edifici di culto in Italia. Questo patrimonio fa riferimento solo alle proprietà delle 219 diocesi, sono esclusi gli ordini religiosi, le chiese del Fondo Edifici di Culto, quelle di proprietà privata, ecc. Si stima un totale effettivo superiore alle 100mila unità. Stima ancora più difficile se si valuta la condizione di tutti gli edifici.

Cosa farne, quindi, dei migliaia di siti di matrice religiosa che nel tempo hanno perso le loro funzioni e versano nel degrado o nell’abbandono o addirittura di tutti quegli immobili ecclesiastici che sono sottoutilizzati?

Il mutamento della situazione demografica e sociale e della pratica religiosa, negli ultimi decenni, ha reso eccessivo in alcuni luoghi il numero delle chiese, con la conseguente necessità di una diversa destinazione d’uso.

Solo in Italia negli ultimi anni sembrano essere state almeno 700/800 le chiese che hanno dovuto ripensare il proprio ruolo. Molti di questi edifici si trovano in borghi abbandonati.

Quel che è certo è che l’edificio chiesa è un elemento chiave del paesaggio del nostro Paese, delle infrastrutture e degli spazi pubblici, sia a livello provinciale sia a livello di grandi centri urbanizzati. La Conferenza Episcopale Italiana sta dedicando studi, conferenze e ha cercato di dettare delle linee guida. (vedi servizio “Chiese Dismesse: Dio non abita più qui?” pubblicato sul Chiesa Oggi n.110)

Questo processo di “rigenerazione” deve necessariamente avere a che fare con un coinvolgimento della comunità locale, di una molteplicità di soggetti per interpretare i nuovi bisogni della società civile, dove la cultura e l’arte giocano un ruolo fondamentale e possono diventare un volano di sviluppo locale. (vedi servizio “La Santa Impresa” pubblicato sul Chiesa Oggi n.111).

Il bisogno identitario viene percepito come prioritario, e poter continuare a far rivivere dei luoghi attraverso la propria storia e le proprie tradizioni locali diventa necessario per una nuova concezione di “ecosistema della cultura” perché possano essere affrontati molti temi cruciali delle politiche del nostro tempo, come la sostenibilità socio-ambientale, lo spopolamento dei luoghi, il dialogo interculturale e la coesione intergenerazionale.

Soprattutto quest’ultima può diventare un’occasione primaria per la rinascita del nostro Paese, perché potrebbe rendere possibile la convivenza attiva tra generazioni diverse attraverso occasioni di cooperazione a livello locale, finalizzate al recupero di storie e di valori attraverso l’utilizzo delle innovazioni tecnologiche e digitali. Infatti, oggi la valorizzazione del patrimonio culturale non può non passare dalle nuove tecnologie che consentono l’utilizzo dei beni materiali in ambiente digitale o la creazione di nuove opere che incorporano al loro interno beni culturali. Si pensi, ad esempio, alla digitalizzazione di opere presenti in musei e archivi, alla creazione di app museali o alla realizzazione di esperienze sensoriali ambientate in contesti culturali e paesaggistici tutelati.
(Proprio su questa edizione di Chiesa Oggi n.112 presentiamo alcuni esempi virtuosi di valorizzazione dei beni ecclesiastici attraverso delle app e nuove tecnologie).

EVENTO CAFE’ DELLA STAMPA/ CHIESA OGGI al CERSAIE 2019

L’educazione alla “conoscenza” e alla “tutela” del nostro patrimonio, attraverso l’arte e la cultura, serve a incentivare il gusto del bello in senso critico, con rispetto per la propria cultura e per quella altrui, serve ad aprirsi a tipologie espressive diverse e a educare l’intelligenza emotiva al rispetto della diversità nella logica della valorizzazione del nostro passato e del nostro presente ma anche nell’ottica di preservare il nostro futuro.

L’impresa culturale e le persone devono, quindi, essere poste al centro dei processi culturali da costruire insieme alle istituzioni e con metodi di partecipazione concreta, perché l’accessibilità e la fruibilità sia sempre garantita al di là della condizione sociale.

Tema oggi quanto mai fondamentale quello dell’accessibilità alla cultura, perché l’accessibilità culturale, al patrimonio e all’arte quando si aggancia all’esistenza reale e quotidiana delle persone diventa una potente leva di crescita, personale e comune ed è capace di creare molteplicità di relazioni che connettono le persone e il patrimonio nelle infinite potenzialità che tale rapporto può favorire in un raggio d’azione più ampio tale da incentivare lo sviluppo di settori come il turismo, il lavoro e le iniziative private. (si veda il modello del Parco Culturale Ecclesiale che abbiamo più volte presentato nelle nostre edizioni).

Mi piace sottolineare quanto dichiarato da Haschim Sarkis, curatore della prossima 17. Mostra Internazionale di Architettura a Venezia, che ha annunciato il tema “How will live together?” (Come vivremo insieme?) spiegando la sua scelta con le seguenti parole: “Abbiamo bisogno di un nuovo contratto spaziale. In un contesto caratterizzato da divergenze politiche sempre più ampie e da disuguaglianze economiche sempre maggiori, chiediamo agli architetti di immaginare degli spazi nei quali possiamo vivere generosamente insieme: insieme come esseri umani che, malgrado la crescente individualità, desiderano connettersi tra loro nello spazio digitale e in quello reale; insieme come nuove famiglie in cerca di spazi abitativi più diversificati e dignitosi; insieme come comunità emergenti che esigono equità, inclusione e identità spaziale; insieme trascendendo i confini politici per immaginare nuove geografie associative e insieme come pianeta intento ad affrontare delle crisi che richiedono un’azione globale affinché possiamo continuare a vivere“. La Biennale di Architettura 2020 vuole affermare così il ruolo, spesso trascurato, dell’architetto nella società, che è quello di allargare l’orizzonte a tutte le questioni oggi sollevate dal “vivere insieme” rappresentando attraverso la propria attività l’immagine di un mondo che è al lavoro per affrontare quelle questioni e, in particolare, di un “mondo dell’architettura” che si impegna nel riflettere, immaginare, realizzare nuove soluzioni.

In questa visione anche il Papa ha definito l’attività degli architetti, degli artisti e degli operatori di cultura come un “lavoro di frontiera capace di salvaguardare la dignità dell’uomo”.

Condividi

Lascia un commento

Su questo sito web utilizziamo strumenti di prima o terza parte che memorizzano piccoli file (cookie) sul tuo dispositivo. I cookie vengono normalmente utilizzati per consentire al sito di funzionare correttamente (cookie tecnici), per generare rapporti sull’utilizzo della navigazione (cookie statistici) e per pubblicizzare i nostri servizi/prodotti in modo appropriato (cookie di profilazione). Possiamo utilizzare direttamente i cookie tecnici, ma hai il diritto di scegliere se abilitare o meno i cookie statistici e di profilazione. Abilitando questi cookie, ci aiuti a offrirti un’esperienza migliore.

Alcuni contenuti o funzionalità qui potrebbero non essere disponibili a causa delle tue preferenze sui cookie!

Ciò accade perché la funzionalità/contenuto contrassegnato come “%SERVICE_NAME%” utilizza cookie che hai scelto di disabilitare. Per visualizzare questo contenuto o utilizzare questa funzionalità, ti preghiamo di abilitare i cookie: clicca qui per aprire le tue preferenze sui cookie.