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Una vetrata ritrovata

In occasione della ricorrenza degli ottocento anni della fondazione dell’ordine domenicano da parte di San Domenico da Gutzmàn, ci piace presentare la testimonianza del Priore, Padre Michele Scarso relativa al restauro della vetrata del transetto meridionale di San Giovanni e Paolo di Venezia

a cura di Luca Zen, architetto

Padre Michele Scarso, o.p Superiore Comunità frati domenicani, Santi Giovanni e Paolo – Venezia

Ogni mattina provo un’emozione al vedere la luce che attraversa le grandi e slanciate vetrate nelle tre absidi della Basilica dei Santi Giovanni e Paolo a Venezia illuminata dalla luce dorata dell’alba. L’emozione continua e ingigantisce quando, un po’ più tardi i raggi del sole, toccando il transetto sud, attraversano la grande vetrata policroma, esaltando tutto il suo splendore in un luccicare di colori e di figure che dura fino al tramonto.

Non è solo un’emozione estetica per la bellezza e l’armonia dello stile gotico, e nemmeno solo il piacere di gustare il gioco di luce e di colori. Quella bellezza e quella luce conducono l’anima ad elevarsi nella preghiera; anzi, oso dire che l’irrompere della luce in quella vetrata è essa stessa preghiera, è una liturgia che magnifica la grandezza di Dio, e che risplende anche nell’ingegno che ha dato all’uomo, rendendolo capace di pensare e realizzare tali meraviglie.

Il piacere non è completo perché la vetrata è ancora velata dal ponteggio, ma tra poco, terminati i lavori di restauro, potrà essere ammirata da tutti coloro che visiteranno la Basilica, ritornando così ad essere una delle protagoniste di un sito – quello del Campo Santi Giovanni e Paolo – ribattezzato a giusto titolo dai veneziani “Campo delle maraveje”.

La meraviglia la si legge anche negli occhi dei restauratori che, avendo smontato, studiato, restaurato e rimontato pezzo per pezzo della maestosa vetrata ne parlano con emozione, consapevoli di essere tra i privilegiati che con le loro mani hanno ridonato splendore a un’opera che attraversa cinque secoli, disegnata da ingegnosi artisti e forgiata da abili maestri artigiani.

Il recupero è stato reso possibile grazie al finanziamento del Ministero dei Beni Culturali. Si è così concretizzato un lungo iter fatto di diversi studi preliminari e una campagna di sensibilizzazione grazie anche al contributo dell’Associazione Amici di Santi Giovanni e Paolo.

Ora finalmente è giunto al termine il recupero della vetrata che presentava preoccupanti segni di degrado e che, nel caso di un cedimento dovuto al collasso degli antelli, avrebbe potuto causare una perdita ben più grave di quel vetro che i maestri vetrai muranesi forgiarono con grande arte e sapere.

Nel contempo si è proceduto anche alla pulitura e al consolidamento dei grandi portali lapidei che sorreggono l’intera vetrata, la quale ora è dotata di una contro-vetrata, collocata all’esterno, a protezione dall’aggressione degli agenti atmosferici.

L’opera s’inserisce perfettamente nell’architettura gotica della Basilica, e anche le sue dimensioni ne rispecchiano la grandezza; misura infatti 17 metri di altezza per 7,50 di larghezza per una superficie complessiva di circa 65 mq, ed è composta da 66 antelli e da 81 piccoli diaframmi privi di telaio, formata da tessere in vetro legate a piombo.

Se diamo uno sguardo dall’alto in basso troviamo una sintesi della storia sacra: dall’alto Dio Padre, a braccia allargate e assistito dalla colomba, simbolo dello Spirito Santo, dà origine al creato, rappresentato dal sole e dalla luna. Poi il Messia – preannunciato da Mosè e da Davide – annunciato dall’Angelo Gabriele a Maria. Più sotto, dopo quattro trilobati con splendidi motivi decorativi molto complessi, troviamo il Figlio di Dio nelle braccia della sua santa Madre, indicato da Giovanni il Battista come l’Agnello di Dio, predicato dagli apostoli Pietro e Paolo; poi, in una doppia serie di quadrilobati, gli evangelisti che hanno scritto del Verbo incarnato, e i primi quattro dottori della Chiesa occidentale che lo hanno approfondito e insegnato.

Le quattro grandi finestre alla base sono sormontate da cuspidi che contengono quattro santi dell’Ordine dei Predicatori – ossia i frati, figli di san Domenico che, in un modo ininterrotto sono presenti nel sito fin dal 1234 – san Vincenzo Ferrer, san Domenico, san Pietro da Verona e san Tommaso d’Aquino.

A chiudere la possente vetrata, ai lati due santi cavalieri: san Giorgio e san Teodoro, due dei patroni di Venezia, e i santi titolari della Chiesa, i fratelli Giovanni e Paolo, soldati romani e martiri della fede.

La vetrata fu realizzata nel 1510 dal maestro vetraio muranese Giannantonio Laudis, su disegno di Bartolomeo Vivarini risalente al 1450. Diversi sono stati gli interventi di restauro, i più importanti eseguiti già all’inizio del secolo scorso. Poi, per il pericolo di bombardamenti, fu smontata e rimontata nel corso delle due guerre mondiali. L’ultimo restauro risale al 1980.

Non è mio compito illustrare le caratteristiche tecniche del restauro e le sfide che la Soprintendenza di Venezia nella persona del RUP – Architetto Chiara Ferro – e tutto lo staff progettista – in primis l’Architetto Ilaria Cavaggioni – hanno dovuto affrontare per il recupero della vetrata che costituisce un unicum nel tessuto veneziano. A loro, assieme alla Ditta Sirecon di Diego Perissinotto, va il nostro ringraziamento e il nostro plauso per questo importantissimo restauro che ridà splendore ad un’opera “dipinta” con la luce e il colore.

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