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Rigenerare nella storia la visibilità del sacro

Il Duomo di Orvieto

Il processo che ha consentito la ricollocazione del ciclo scultoreo manierista e barocco all’interno del Duomo di Orvieto rappresenta, nel nostro paese, un caso emblematico dell’importanza del recupero di una forma di azione partecipata finalizzata alla valorizzazione dei Beni culturali ecclesiastici.

Il monumentale apparato figurativo, che venne realizzato a partire dalla seconda metà del Cinquecento fino agli venti del Settecento, costituisce infatti “… una collezione straordinaria di scultura con i nomi più insigni del tardo Cinquecento e Seicento.” (Cesare Brandi).

Interno del Duomo

Francesco Mochi tra il 1603 ed il 1608 scolpì il gruppo dell’Annunciazione, uno dei capolavori della scultura barocca italiana, per il cui ritorno in Duomo si sono espressi, tra gli altri, Federico Zeri, Antonio Paolucci e Vittorio Franchetti Pardo.

Le opere vennero rimosse nel 1897 nella stagione dei restauri puristi che intendevano riproporre le forme originarie dell’edificio medievale spogliandolo di ogni espressione di sedimentazione storica.

L’Angelo annunciante di Francesco Mochi (1603-1605)

Rileggendo i passaggi di questa complessa operazione, che si è protratta per alcuni decenni, è possibile rilevare alcuni tratti che rimandano al significato profondo del cantiere di una cattedrale medievale: il sentimento di partecipazione corale ad un progetto culturale complesso e vissuto in modo dialettico che, tuttavia, riesce a tenere insieme istituzioni, attori differenti del mondo della cultura, specialisti e maestranze.

L’Annunziata di Francesco Mochi (1608)

La costruzione della cattedrale, l’ecclesia mater et maior per la quale occorre mettere in campo uno sforzo capace di protrarsi nel tempo, rigenerare nella storia i termini della visibilità del sacro, gestire fasi di cambiamento mantenendo un’elevatissima qualità, è un’attività che coinvolge l’intero corpo cittadino per un salto di qualità culturale che la collettività, nel suo insieme, decide di realizzare.

San Tommaso di Ippolito Scalza (1579-1587). Nella mano sinistra gli strumenti dell’architetto: compasso, squadra e righello

Sono stati numerosi i protagonisti di questa operazione che ha permesso il ritorno del ciclo scultoreo all’interno dell’aula celebrativa nella collocazione originaria: Opera del Duomo, Diocesi di Orvieto Todi, Soprintendenza ABAP dell’Umbria, ENEA e Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro.

Un progetto finalizzato alla ricomposizione del rapporto presente tra architettura e scultura ed, insieme, una rinnovata possibilità di lettura della correlazione tra i significati delle forme d’arte ricollocate ed il Mistero celebrato.

Arch. Ferruccio Della Fina, Vice presidente Ordine degli Architetti della provincia di Terni. Ha svolto attività didattica presso il Dipartimento di Progettazione dell’Architettura dell’Università degli Studi di Firenze e nel Master in Valorizzazione dei centri storici minori dell’Università “La Sapienza” di Roma. Già Ispettore Onorario del MIBAC per il patrimonio architettonico della città di Orvieto. Presidente del Centro studi Ridolfi di Terni. Membro del Consiglio direttivo del Centro Studi Sisto Mastrodicasa di Perugia. E’ stato rappresentante degli architetti umbri al V° Convegno Nazionale di Torino e nel Dipartimento Formazione e Ricerca Scientifica del CNAPPC. Ha fatto parte del Gruppo operativo per le nuove Linee Guida Legge per l’Architettura del CNAPPC.

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