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“Nuove committenze. Nuovi progettisti”

Giornata di studio a Taranto, 18 settembre 2021

a cura di Don Francesco Simone

Nell’anno 2020 sono stati celebrati i 50 anni della Concattedrale Gran Madre di Dio di Taranto, progettata dal celebre architetto Gio Ponti (1891-1979) e fortemente voluta da Mons. Guglielmo Motolese che l’ha consacrata il 7 dicembre 1970.

Questo evento ha fatto risvegliare l’attenzione di varie istituzioni nei confronti di uno dei monumenti sacri e architettonici più significativi del ‘900, tanto che si è dato vita ad una serie di eventi, molti dei quali purtroppo non si sono potuti realizzare a causa dell’emergenza sanitaria della pandemia.

Tuttavia, evento principale delle celebrazioni è stata la mostra “Gio Ponti e la Concattedrale Taranto 1970-2020. Il sogno di una città, il sogno dei suoi cittadini e il sogno di Guglielmo e di Giovanni” presso il Museo Diocesano di Taranto, promossa dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, organizzata dall’Arcidiocesi Metropolitana di Taranto, dalla Soprintendenza Nazionale per il Patrimonio Culturale Subacqueo, dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Brindisi e Lecce e dal DICAR del Politecnico di Bari.

L’iniziativa nasce come esito di una tesi di laurea realizzata da cinque giovani architetti dell’ateneo barese.

Anche l’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto della CEI ha mostrato un grande interesse per le celebrazioni della Concattedrale, organizzando, in collaborazione con l’Ufficio diocesano per i beni culturali, una giornata di studio tenutasi nel Palazzo Arcivescovile di Taranto il 18 settembre, dal titolo “Nuove committenze. Nuovi progettisti”.

Partendo dal racconto della progettazione della Concattedrale che vedeva protagonisti il vescovo committente Motolese e l’architetto progettista Ponti, la riflessione della giornata ha posto l’attenzione sulle nuove esigenze progettuali di un edificio sacro nell’epoca attuale, dove è necessario porsi in una prospettiva “sinodale” che prevede come committente non più una sola persona ma l’intera comunità destinataria del bene, e come progettista non più un solo architetto ma un team di figure competenti in architettura, ingegneria, liturgia e pastorale.

Dopo i saluti istituzionali dell’Arcivescovo di Taranto mons. Filippo Santoro, dell’incaricato regionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto don Gaetano Coviello e di don Valerio Pennasso, la giornata si è aperta con l’intervento del prof. Vittorio De Marco che ha illustrato il singolare rapporto tra Motolese e Ponti attraverso anche la lettura di alcuni stralci del ricco epistolario tra i due protagonisti risalente agli anni 1964-1979, facendo intravvedere la complessa trama dei pensieri che hanno guidato l’evoluzione del progetto.

Gli interventi previsti, invece, per evidenziare l’iter di progettazione della Concattedrale dall’idea originaria di Ponti fino alla realizzazione dell’opera, sono stati tenuti dal prof. Gabriele Rossi del Politecnico di Bari e dall’arch. Fernando Errico della Soprintendenza di Lecce e Brindisi, i quali hanno evidenziato le quattro fasi progettuali che hanno condotto Ponti, attraverso varie ispirazioni e suggestioni, ad arrivare alla versione definitiva del progetto.

In seguito, grazie al contributo dell’ing. Luca Lentini e dell’arch. Marco Aprea, sono state affrontate le prospettive liturgiche e architettoniche che rimangono ancora aperte in un edificio che è stato pensato e costruito subito dopo il Concilio Vaticano II, aprendo quindi la riflessione a possibili adeguamenti interni relativi ai poli liturgici e al completamento di una parte del progetto di Ponti nell’area retrostante la chiesa.

A questo punto, con la relazione di don Pennasso su “Comunità e progettazione”, si è aperta la seconda parte della giornata di studio per riflettere su nuovi possibili scenari di progettazione delle chiese.

L’Ufficio Nazionale ha sposato in pieno le indicazioni pastorali di Papa Francesco che ormai da anni spinge il cammino della chiesa a dinamiche partecipative, coinvolgenti e che mettano al centro la comunità come unica vera protagonista della sua stessa vita.

Nell’ambito del patrimonio architettonico, quindi, è necessario restituire alle comunità il loro ruolo di “proprietari” e primi fruitori dei beni, lasciando alle figure istituzionali ecclesiastiche il compito di essere guide e custodi.

A tal proposito, sono state riportate due interessanti testimonianze di due “animatori di attività partecipative”, l’arch. Davide Fusari e l’ing. Marco Riso i quali hanno raccontato rispettivamente la realizzazione di due esperienze a Palermo e Benevento.

Il loro contributo è servito ai circa 90 partecipanti a comprendere quanto sia importante oggi progettare chiese a partire dalla comunità che ne sarà beneficiaria, ascoltando le sue reali esigenze, i suoi desideri e le sue attese umane, cristiane ed ecclesiali.

Dalle loro esperienze è emerso che tali cammini partecipativi possono essere realmente fecondi sia per la vita della comunità sia per creare edifici “intelligenti”.

Al termine dei lavori di studio, la giornata ha proseguito con la visita alla già citata mostra presso il Museo Diocesano di Taranto, dove la Concattedrale si svela al pubblico attraverso le fasi cruciali dell’iter progettuale: dal racconto epistolare con la committenza, ai disegni interlocutori, agli studi di dettaglio fino alla redazione degli elaborati esecutivi e l’avvio del cantiere.

Tale percorso ha permesso di preparare i partecipanti al momento conclusivo del programma con la visita alla Concattedrale.

Mostra “Gio Ponti e la Concattedrale di Taranto 1970-2020”

La mostra, suddivisa in cinque sezioni tematiche e arricchita da supporti audio e video, conduce il visitatore alla comprensione graduale del processo ideativo, partendo dalla conoscenza dei due personaggi cardine dell’opera: Gio Ponti, esponente di spicco dell’architettura italiana del Novecento e Mons. Guglielmo Motolese, arcivescovo di Taranto e committente illuminato.

L’incontro fra i due si fa subito operativo, come dimostrano le cospicue corrispondenze frutto di proposte e suggerimenti volti a definire quello che diventerà “il sogno di una città, il sogno dei suoi cittadini e il sogno di Guglielmo e di Giovanni”(sezioni I, III).

Taranto è una città in espansione in cui la nascita dei quartieri periferici rischia di frammentare l’unitarietà non solo urbana, ma anche spirituale.

Da giovane prelato, Guglielmo Motolese intuisce l’esigenza di una nuova cattedrale, più ampia, accogliente e luminosa, dove poter radunare e incontrare i numerosi fedeli che sentono lontana “l’antica e veneranda” Basilica di San Cataldo (sezione II).

Gio Ponti, ormai ottantenne, mette in atto la sua indiscussa professionalità per un incarico di alta responsabilità.

Nel lungo processo creativo – architettare una visione – Ponti elabora numerose soluzioni ma solo tre saranno presentate al committente: il Tempio, la Nave e la Vela.

Un percorso lungo e tormentato tra suggestioni e ripensamenti con momenti di sconforto e di esaltazione che lo accompagneranno dalla prima pietra alla forma finita della Concattedrale Gran Madre di Dio di Taranto (sezione IV).

A conclusione del cantiere, l’ultima sezione della mostra è dedicata agli aspetti cerimoniali: dall’inaugurazione, alla consacrazione fino alla celebrazione della prima messa l’8 dicembre del 1970.

Le riprese video supportate dagli audio originali ampliano la percezione della magnificenza del progetto di Ponti evidente anche nel design della Concattedrale (sezione V).

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