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Dialogo tra arte e storia

La simbolica installazione in cera d’api dell’artista Wolfgang Laib all’interno della Basilica di Sant’Apollinare in Classe a Ravenna

Antonella Ranaldi, Soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Milano

L’opera consiste in “una grande piramide di cera naturale solida. Il colore è quello dorato del miele” spiega l’arch. Antonella Ranaldi, all’epoca sopraintendente che ha promosso l’intervento di Wolfgang Laib nella Basilica di Sant’Apollinare in Classe a Ravenna nell’autunno del 2014: “Questa pseudo piramide si alzava al centro della navata, vicino all’ingresso, quindi opposta all’abside, ornata quest’ultima dai luccicanti mosaici che rendono Ravenna e questa chiesa famose nel mondo.

Laib elabora l’idea di un’ascensione suggerita dalla forma del triangolo d’oro. Instaura cosi un rapporto quasi alla pari con il luogo. Con coraggio l’opera guarda i meravigliosi mosaici luccicanti di Apollinare, il Santo patrono di Ravenna e protettore delle api. La figura di Apolinnare si staglia al centro di un prato fiorito dove pascolano pecorelle. Guardando bene e soffermandosi sui particolari, la veste di Apollinare è fittamente ornata da tantissime minuscole api”.

La relazione diventa così empatica. Wolfgang Laib utilizza il prodotto delle api per plasmare forme e cose: cera purissima e naturale. Laib invade di colore oro il grande vano della navata.

L’installazione è stata realizzata con il contributo del progetto europeo Herman – programma Central Europe, dal Comune di Ravenna con la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Ravenna, l’Archidiocesi di Ravenna e il MAR, Museo d’Arte della città.

L’opera di Wolfgang Laib è da sempre collegata al mondo della natura: il suo gesto artistico prende inizio dal levigare pietre, raccogliere polline, versare latte su lastre di marmo bianco, creare opere con il riso, modellare la cera d’api.

L’installazione di Wolfgang Laib nella basilica di Classe nasce da un dialogo: il fuoco visivo della grande piramide in lastre di cera corre verso l’abside, tracciando con la sua verticalità un’idea d’infinito e di ascensione verso il mosaico absidale e la croce della trasfigurazione, quasi una grande scala fra la terra ed il cielo, dove l’aspetto materico e quello simbolico si fondono.

La grande installazione domina dolcemente lo spazio basilicale e si impone con la delicata sostanza della sua cera, insieme caduca e atemporale.
Il dialogo fra l’opera di Laib e la figura di Apollinare con la sua veste dorata intessuta di 207 api si fa ancora più intenso.

Api e cera: due simboli che collegano epoche tra loro molto lontane, trattenendo in sé il mistero di un messaggio mai del tutto svelato nelle sue sfaccettature. L’ape è segno visivo di eloquenza, è emblema di laboriosità e forza. É protagonista di molte agiografie: depone miele direttamente in bocca ai santi, che lo ridistribuiscono con la dolcezza delle loro predicazioni.

Nel caso dell’installazione a Sant’Apollinare i significati ed i simboli si intrecciano e si rimandano nell’armonia spaziale della Basilica, perché la grande piramide è anche un omaggio al mistero delle api che adornano la casula del patrono, quelle stesse api che un tempo abitavano il prato boschivo accanto alla Basilica, che sono divenute oggi indicatori biologici della qualità della vita.

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