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Amore per l’innovazione e la creatività

CATTEDRALE DI MARIA SS. ASSUNTA IN CIELO E S. GIOVANNI BATTISTA IN PESCIA

Il progetto di adeguamento liturgico ha come concetti generatori sia il pieno rispetto e valorizzazione dell’architettura esistente che la totale aderenza alle indicazioni fornite dalla Nota della CEI

Progetto: Prof. Arch. Fabrizio Rossi Prodi
ROSSIPRODI ASSOCIATI srl
Arch. Marco Zucconi, Arch. Marco Zacchini, Arch. Emiliano Diotaiuti, Don Gianni Cioli (aspetti liturgici), CaCO3 (opere d’arte), Alice Corbetta (artista), Roberto Coppa, Vittorio Anzilotti (marmi). Foto: Pietro Savorelli

Il progetto di adeguamento liturgico ha come concetti generatori sia il pieno rispetto e valorizzazione dell’architettura esistente che la totale aderenza alle indicazioni fornite dalla Nota della CEI su “L’adeguamento delle chiese secondo la riforma liturgica”: in particolare preme sottolineare l’autonomia e reversibilità dell’intervento, operata senza alterazioni materiali dello spazio, ad esclusione della citata riduzione della balaustra.

I nuovi fuochi liturgici, e lo spazio che li interconnette, evitano forme e materiali che possano stonare con l’armonia dell’insieme: riordinano lo spazio della liturgia e lo strutturano gerarchicamente collocandosi nei luoghi più appropriati, creando proporzioni e rapporti mutui con l’esistente.

A questo proposito nella seconda fase del concorso furono introdotte modifiche con riferimento alle osservazioni trasmesse dalla Segreteria del Concorso, alla conclusione della prima fase, in merito all’iconografia della Mensa, all’approfondimento sui materiali in funzione delle cromie della Chiesa Cattedrale nonché in merito alla Cattedra ed alla Sede del Presidente non Vescovo.

É sembrato corretto insistere nell’adozione di un linguaggio architettonico ed artistico silenzioso, che non disturbasse la ricchezza degli elementi decorativi già esistenti né si ponesse in contrapposizione o confronto con essi ma, anzi, ne favorisse la valorizzazione reciproca: un progetto “misurato” quindi che, nella semplicità e purezza delle linee e dei materiali, si ponesse come elemento contemporaneo forte, espressione di una rinnovata spiritualità, chiaramente leggibile come semplice sovrapposizione all’esistente senza nessuna alterazione di quest’ultimo.

Punto centrale del progetto non può essere che la realizzazione del nuovo Altare, fuoco visivo della Liturgia e quindi dell’architettura, vero cuore dell’Assemblea intorno al quale disporre tutti gli altri fuochi liturgici: è sembrato funzionale ripeterne la forma rettangolare già proposta in prima fase e collocarlo nuovamente al centro di una pedana marmorea opportunamente sollevata dall’esistente.

Il linguaggio artistico e architettonico prescelto propone una lettura semplice degli spazi, rispettando in primo luogo l’edificio architettonico e le opere artistiche ivi contenute, in modo da consentire la duplice lettura del grande contenitore storico e del nuovo arredo, così che i due soggetti si integrino fra loro senza sovrapposizioni improprie, ricercando l’armonia e la valorizzazione reciproca.

Come nella prima fase, l’elemento ordinatore, all’interno di un presbiterio costellato di materiali diversi ed oggetti storicizzati, è la striscia di marmo bianco della meridiana utilizzata dal progetto come una sorta di “strada”, una connessione fra le opposte aperture della Sagrestia e della Cappella del Santissimo: sul suo percorso, come fossero tre sacri cippi, si pongono l’Altare, l’Ambone e la Cattedra vescovile.

Lo smontaggio di parte della balaustra citata in premessa, che viene arretrata fino a traguardare l’ingombro dei possenti pilastri laterali, apre lo spazio centrale liberando la visione alle nuove presenze liturgiche seppur mantenendo la memoria di quello che era lo spazio antico preconciliare: materiale omogeneo a quello attiguo verrà utilizzato per ricucire l’area in oggetto.

CATTEDRA VESCOVILE

La Cattedra Vescovile, anch’essa in marmo bianco, si compone di una pedana basamentale fugata, una seduta con braccioli ed uno schienale dando luogo ad un insieme armonico, semplice ed elegante.

La parte superiore dello schienale è intarsiata con tessere di mosaico vetroso che mantengono il medesimo filo conduttore decorativo degli altri fuochi liturgici.

E’ collocata sulla sinistra dell’area presbiterale, rialzata da una pedana analoga per materiale e altezza a quella dell’altare: è posta così idealmente “in mezzo all’Assemblea”, rivolta verso di Essa, in modo da favorire la guida della preghiera, il dialogo e l’animazione.

La Cattedra Vescovile trova posto sulla pedana ma ruotata rispetto alla stessa di circa 45° addossandosi all’arcone sinistro del presbiterio: da questa posizione il Vescovo può guidare l’Assemblea nella preghiera e mantenere al contempo uno stretto rapporto visivo con l’Altare centrale.

AMBONE

Rispetto alla prima fase non è stata modificata la posizione dell’Ambone, il luogo della Parola, viene collocato sul lato destro del presbiterio a protendersi verso l’Assemblea, costituendo una sorta di cerniera tra il presbiterio stesso e la navata.

Ugualmente, il vincolo posto dal bando di concorso di riutilizzo del gruppo scultoreo proveniente dall’antico Ambone medievale, ha suggerito di mantenere separate le figure, da riassemblare nel rispetto della presunta formazione originale, conferendogli così rinnovata dignità, coerenza e potenza espressiva.

Il basamento gradonato e fugato in marmo bianco è stato ridotto nelle dimensioni rispetto alla prima fase, così come è stato limitato l’aggetto nel vuoto che, riproporzionato, è rimasto a sostenere le figure di San Paolo, Tito e Timoteo che, al loro volta, sorreggono l’Aquila di San Giovanni. Il leone stiloforo invece, posto originariamente alla base di una delle colonne di sostegno dell’antico Ambone, è finalmente liberato dall’impropria collocazione e riposizionato.

NUOVO ALTARE

Facendo propria la raccomandazione prima citata della Segreteria del Concorso relativamente alla necessità che la “Mensa richiedesse un’iconografia diversa da quella presentata” in prima fase, ci si è molto interrogati sulla sacralità della scena che si era chiamati ad interpretare ed al modo migliore per rendere visibili i numerosi temi, liturgici e non, che l’altare, nella sua centralità, incarna, ponendoci con umiltà ed anche difficoltà rispetto ad un tema che viene disquisito da 2000 anni e che, solo negli ultimi 50, sta cercando una sua più recente categorizzazione.

La nostra proposta recupera dalla prima fase la posizione del nuovo altare ed, in buona sostanza le dimensioni moderate: il parallelepipedo di cm 220x120x92 (H) risulta centrato nella nuova pedana marmorea; per le dimensioni scelte, bene si presta alla celebrazione condivisa fra più Officianti e risulta ben visibile a tutta l’Assemblea riunita in preghiera. Lo spazio perimetrale abbondante coadiuva l’Officiante durante i passaggi liturgici in fregio all’altare ed al suo lato, passaggi che risultano comodi ed agevoli.

Il tema iconografico precedente, ritenuto non idoneo come già citato in premessa, è stato abbandonato anche per quanto riguarda la sua modalità costruttiva ed esecutiva:

  • Da una parte si è preferito, con l’accordo dell’artista, passare da un tema antropomorfico ad uno più astratto che meglio si legasse alla semplicità delle forme geometriche prescelte, anche accentuando simbolicamente la centralità dell’altare nella scena presbiteriale.
  • Dall’altra è stato deciso di sviluppare l’idea artistica di base mediante una tecnica diversa che accentuasse la ricchezza del luogo enfatizzando la sintesi della complessità in una irrinunciabile semplicità: importante la collaborazione fra l’artista R. Normanno ed il gruppo di mosaicisti ravennati CaCo3.

PEDANA D’IMPOSTA DEL NUOVO ALTARE

La nuova pedana marmorea, il più possibile omogenea per materiale alla scalinata dell’Altare vecchio, scavalca la lapide tombale posta al centro e fa dialogare il Nuovo con il Vecchio in stretto contatto con l’Assemblea: un’area presbiterale che, visivamente e architettonicamente, si distacca ed al contempo si fonde con l’aula liturgica, favorendo il collegamento tra lo spazio del popolo e lo spazio del Santo.

Una pedana quindi al tempo stesso di grande impatto visivo, funzionale ma anche “utile” nel ricucire pezzi altrimenti difficilmente coniugabili permettendo al contempo di sbrogliare le numerose necessità impiantistiche che possono passare al suo interno senza alcuna visibilità e contraddizione con l’esistente.

Una pedana anche intelligente, all’apparenza monolitica ma facilmente assemblabile in loco nelle sue parti costituenti, formata da un cuore in legno, tecnico, tenace e leggero per favorirne il trasporto, a cui è stato applicato il rivestimento in marmo di Carrara, lavorato nello spessore adeguato a renderlo visivamente identico ad un blocco monolitico (lastre da mm 30 lavorate a quartabono negli angoli).

Infine, a massimo rispetto della pavimentazione esistente, in Carrara e Bardiglio, la pedana prevede un sistema arretrato di sollevamento tale da creare una linea di ombra di mm 20 rispetto al piano esistente: tale artificio permette di leggere il distacco fra il nuovo ed il vecchio ed anzi di sfumare il vecchio sotto al nuovo, senza interferenza apparente.

LA CROCE

La Croce, il simbolo del Cristo Crocifisso, si dipana sulla faccia principale dell’altare come segno, netto al centro per poi sfumare verso l’estremità: non è un segno disegnato ma ricavato per sottrazione nella maglia fitta del mosaico vetroso che ha preso il posto dell’affresco della prima fase.

Molte sono le assonanze simboliche che legano il mosaico alla celebrazione liturgica, tanto da renderlo uno dei medium più utilizzati fin dalle origini della Ecclesia: la tecnica utilizzata è quella della posa su un pannello alveolare in alluminio e resina, solitamente impiegato per la musealizzazione dei mosaici pavimentali estratti da siti archeologici.

Le tessere ricavate da formelle di pasta vitrea sono tagliate manualmente una ad una e sono allettate in uno strato di malta cementizia colorata con ossidi e additivata con resina, per garantire la massima tenuta.

L’inclinazione delle tessere rimanda alla più antica tradizione del mosaico bizantino: infatti nella tessitura dei fondi in oro dei grandi cicli musivi parietali delle basiliche ravennati, le tessere venivano sempre inclinate leggermente secondo un angolazione che congelava il gesto dell’artista, aumentando gli effetti di riflessione luminosa.

Questo aspetto è stato un pò esasperato nelle realizzazioni fino a dare una sensazione di un morbido movimento di luce che segue lo sguardo del fedele, cambiando a seconda dei punti di vista. Lo schema speculare del mosaico sul fronte dell’altare è un elemento che rimanda ai rivestimenti marmorei a “macchia aperta” della architettura bizantina.

Il mosaico, così montato, riassume in se almeno tre elementi di grandissimo spessore:

  • Le molteplici tessere che, nella loro unicità compongono il disegno generale, non sono dissimili dalle singole persone che si stringono nell’Assemblea di fronte alla Parola di Cristo.
  • La specifica modalità di montaggio, regala simbolismi voluti: la parte centrale, dove si origina la croce, trova conformazione circolare grazie all’orientamento delle tessere, legando il tema del sacrificio a quello dell’ostia.
  • La ricchezza e variabilità del materiale richiama fasti antichi (si veda a questo proposito l’altare argenteo di san Jacopo nella vicina Pistoia) che trovano però equilibrio e sintesi nella mensa marmorea che chiude superiormente la composizione.

dal numero 113 di Chiesa Oggi, Architettura e Comunicazione

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